In occasione dei 90 anni dalla nascita del regista Elio Petri, nel 2019 l’Associazione Porretta Cinema ha voluto istituire un Premio intitolato a suo nome, in considerazione del rapporto speciale che ha legato il alla Mostra del Cinema Libero di Porretta Terme, dove nel 1971 insieme a Gian Maria Volonté presentò in anteprima mondiale “La classe operaia va in paradiso”, poi premiato con la Palma d’oro a Cannes.
L’intenzione di rendere omaggio a Elio Petri dedicandogli un premio può apparire paradossale, ben sapendo che Elio, in vita, i premi li ha sempre ricevuti senza mai curarsene troppo.
Celebre è infatti la sua assenza alla premiazione in occasione del premio Oscar del 1971, per il miglior film straniero conferito a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, che il regista non esiterà a definire sulla stampa una cerimonia imbarazzante. Quasi altrettanto celebre, e ancora ben vivida nella memoria porrettana, è la fuga di Elio Petri e Gian Maria Volontè dalla Sala del cinema Kursaal di fronte alla contestazione del pubblico al termine della visione in anteprima assoluta de La classe operaia va in paradiso, presentato in anteprima a Porretta Terme nel gennaio del 1971, per partecipare a un dibattito organizzato dagli operai di un’importante azienda meccanica del territorio. La fuga, in questo caso, non è un atto di stizzita viltà di fronte a un pubblico ingrato ma, al contrario, è il gesto generoso di un militante della sinistra politica che ritiene prioritaria la concretezza degli operai rispetto alle fumose elucubrazioni del pubblico festivaliero. La stessa urgenza militante che, a ben guardare, costituisce il fil rouge in grado di collegare l’intera produzione cinematografica di uno dei più originali autori del panorama nazionale, capace come nessun altro di svariare all’interno di generi e linguaggi, inanellando una serie memorabile di casi cinematografici che tanto hanno fatto discutere critica e pubblico.
In realtà le ragioni per ricordare Elio Petri attraverso un premio ci sono, eccome, e, a nostro avviso, sono così solide e attuali da non essere più rimandabili nel tempo. Le considerazioni che ci hanno spinto a rendere concreta l’idea del premio sono essenzialmente due.
Da una parte c’è il Petri pubblico, il regista che, con il proprio sguardo autoriale, pur confermando l’importanza storica del neorealismo, ne decreta l’inattualità stilistica, riuscendo così a rendere popolare e spettacolare il cinema politico d’autore, troppe volte ostaggio di élites colte, ma esigue, di spettatori. Come non ricordare, in quest’epoca di sale semivuote, le lunghe file di spettatori in attesa di vedere Indagine nell’Italia del 1970? Quale altro autore engagé può vantare un simile traguardo coronato, per di più, dall’assegnazione di un Oscar, a riprova di un successo capace di attraversare l’oceano?
Dall’altra parte c’è una ragione forse un po’ più personale, che, certo, ha molto a che fare con la gli slanci generosi del Petri militante a cui abbiamo accennato sopra. Il regista romano, durante tutta la sua vita, è amico storico e prestigioso della Mostra internazionale del cinema libero di Porretta Terme che si svolge sull’Appennino fra il 1960 e il 1985, a cui Elio Petri prende parte ricoprendo più ruoli. Nel 1960 partecipa, da giovane sceneggiatore, al concorso per soggetti presentando al pubblico, per la prima volta, I giorni di Cesare che, solo successivamente, arriverà in sala con il titolo I giorni contati. Nelle edizioni successive è organizzatore e giurato della manifestazione, al cui servizio pone competenza, passione e, soprattutto, un’assoluta, intransigente libertà di giudizio. Per Petri l’indipendenza di pensiero è un valore non negoziabile: nel 1962, da giurato, viene quasi alle mani con Lorenzo Pellizzari, giovane redattore di Cinema Nuovo, reo di difendere, per ragioni ideologiche, il valore artistico del film El Joven Rebelde del regista cubano Julio Garcia Espinosa. Per Elio, al tempo critico cinematografico di punta de L’unità, il film cubano ha poco a che fare con il cinema e molto, troppo, con la semplice propaganda politica. Il tempo, in quegli anni di rivolgimenti politici e sociali, corre più veloce che mai e arrivano ben presto gli albori dei ’70, quando le urgenze politiche e sociali lo riportano, da autore affermato, alla partecipazione politica di cui è profondamente intrisa la sua arte. Nell’edizione del 1971 è infatti presente, a Porretta Terme, con ben due lavori: l’episodio Ipotesi all’interno del film collettivo Documenti su Giuseppe Pinelli e, evento ancora più rilevante, con l’anteprima assoluta de La classe operaia va in paradiso che, nella primavera successiva, vincerà la Palma d’oro a Cannes ma che a Porretta Terme è duramente contestato. Nel fuoco degli anni ’70 divampa veloce, divorata dal proprio coraggio artistico, la stella del successo di Elio Petri. I suoi film successivi, pervasi da un pessimismo totalizzante e cupo sul destino dell’uomo e dell’Italia che raggiungerà il proprio apice con la predizione, sia pure non esplicita, della morte di Aldo Moro nel film Todo modo, ne decretano ben presto la improvvisa marginalizzazione cinematografica nell’ Italia del compromesso storico. La parabola discendente di Elio lo elimina quasi completamente dalle scene ed è, purtroppo, preludio della prematura scomparsa che avviene nel 1982. La morte avvolge Petri in un inspiegabile cono d’ombra che resiste ai decenni trascorsi e alla progressiva storicizzazione dei feroci dibattiti che animano il suo tempo. Nasce da qui, dalla consapevolezza di un riconoscimento troppo a lungo negato, l’idea del premio. E dove farlo, se non a Porretta terme, effimera capitale europea del cinema maledetto degli anni ’60?
In coerenza con la poetica di Elio Petri, vorremmo però che l’evento non si limitasse alla semplice commemorazione, pur doverosa, del grande regista. Per questo motivo, costituiremo una giuria cinematografica interprofessionale in grado di riconoscere un’opera contemporanea in cui sia evidente, ma non necessariamente esplicito, il lascito dell’eredità autoriale di Petri, non tralasciandone l’importantissima opera di scrittore per il cinema. Daremo quindi questo spazio soprattutto a quei prodotti culturali che sappiano coniugare tematiche di denuncia sociale e politica ad un elevato tasso di originalità nell’uso del linguaggio cinematografico.